Vassily Kandinsky fu il primo ad accostare l’arte della musica a quella della pittura e a trovare tra esse connessioni profondissime. La musica è pura espressione di emozioni da parte dell’autore, il quale rivela i suoi stati d’animo e li condivide con l’ascoltatore in un rapporto di assoluta empatia in cui colui che ascolta può cogliere ciò che maggiormente lo colpisce in assoluta libertà; la musica, infatti, non raffigura cose reali ma astratte e proprio per questo ognuno può cogliere qualcosa di diverso nell’ascolto a seconda delle proprie sensazioni. I quadri generalmente, invece, specialmente a cavallo tra il XIX e il XX secolo, raffigurano un qualcosa di reale e oggettivo che chiunque può distinguere ed inquadrare in una realtà che è collettivamente condivisa.
L’obiettivo del pittore russo è allora quello di trasformare il colore stesso in musica in modo che anche i quadri possano essere interpretati in base allo stato d’animo dell’osservatore e nello stesso tempo non raffigurino cose reali, bensì astrazioni: punti, linee e colori che non raffigurano nulla di riconducibile alla realtà ma che esprimano le emozioni dell’artista in un’espressione di sentimenti che è contemporaneamente intima ed universale (perché interpretabile da chiunque indipendentemente dalla sua nazionalità o livello culturale).
Kandinsky nasce a Mosca nel 1866 e nel 1896 si traferisce a Monaco dove dà vita al “Der Blaue Reiter”, movimento che prende nome proprio da uno dei suoi primi quadri, Cavaliere azzurro, che non è assolutamente un dipinto astrattista ma prende ispirazione dallo “Jugendstil” tedesco. È infatti interessante osservare il processo evolutivo della pittura dell’artista, il quale subì varie influenze artistiche prima di affermarsi come l’astrattista più famoso di sempre.

All’influenza tedesca seguì quella francese, che portò l’artista a realizzare un quadro utilizzando i principi dell’Art Nouveau per la decorazione ma seguendo le tecniche divisioniste per la realizzazione dell’opera, chiamata Coppia a cavallo. I colori, infatti, sembrano quasi brillare a causa del fatto che sono dati per accostamento di punti e linguette di tinte accese stagliati su di uno sfondo scuro. Come possiamo notare Kandinsky è sempre stato molto interessato alle illustrazioni e alle tradizioni popolari russe ed infatti la composizione di questo quadro, come già quella di Cavaliere azzurro, è costruita in modo semplice e fiabesco proprio ad imitazione delle stampe popolari presenti nel suo paese d’origine.

Nel 1908 il pittore russo medita sulle esperienze pittoriche francesi (soprattutto su quelle dei Fauves) e comincia ad avvicinarsi allo stile e ai modi delle Avanguardie, sempre più presenti sul panorama artistico internazionale dell’epoca. Questo cambiamento si può apprezzare grazie a Murnau. Cortile del castello, dipinto nel quale Kandinsky affida alle chiazze violentemente colorate un forte potere evocativo.

Infine, nel 1909 con la scrittura di Lo spirituale nell’arte, il pittore russo comincerà a dedicarsi totalmente alla pittura astrattista e ne delineerà anche le caratteristiche principali. Nel paragrafo conclusivo del testo, l’artista distingue tre fasi nel percorso di astrazione della pittura, le quali differiscono per il tempo trascorso tra la visione di un oggetto stimolante e la realizzazione del quadro e per l’intensità della partecipazione dell’artista: le “impressioni”, le “improvvisazioni” e le “composizioni”. Esse sono elencate in ordine dalla minore alla maggiore riconoscibilità delle forme che rappresentano: nelle prime le forme sono ancora perfettamente riconoscibili, nelle seconde non sempre le forme si riconoscono e infatti creano quasi una sensazione di mistero nell’osservatore, nelle ultime le forme sono totalmente irriconoscibili. Le “composizioni” sono infatti le opere a cui maggiormente si dedica Kandinsky e alla quali riconosce la piena valenza creativa e la spiritualità.
Lo stesso pittore raccontò un curioso aneddoto nel quale si racconta l’epifania che contribuì al suo definitivo passaggio all’astrattismo. Una sera, tornando a casa dal lavoro, rimase sbalordito dalla vista di un quadro indescrivibilmente bello e rimase a guardarlo e a cercare di capirlo per molto tempo dato che sembrava essere composto soltanto da macchie di colore e per questo sembrava incomprensibile nel contenuto; finalmente si accorse che esso non era altro che uno dei suoi quadri rivolto a testa all’in giù, appoggiato al cavalletto capovolto. Una volta riportato al verso giusto però l’autore non trovava più la bellezza sbalorditiva che lo aveva colpito prima e da quel giorno, infatti, gli fu chiaro che l’oggetto non poteva avere posto nei suoi quadri perché recava soltanto danno.
Composizione VII è la più grande ed importante delle composizioni di Kandinsky ed in essa è infatti facile trovare le connessioni tra colori e musica. Nel guardarla sembra di assistere ad un vero e proprio concerto di espressioni colorate, che a volte contrastano e sbattono violentemente tra di loro mentre altre volte sembrano unirsi e realizzarsi l’una nell’altra. Sullo sfondo, al centro del quadro, si intravede un chiarore verso cui sembrano indirizzate tutte le altre chiazze di colore e le figure quasi come un buco nero che risucchia tutto ciò che gli passa vicino: Kandinsky vuole infatti rappresentare l’intera gamma di colori presenti al mondo (quella delle cose reali) che va ad annullarsi nel bianco, che tutti i colori (e i sentimenti) contiene.

Il processo evolutivo non si arresta e anche lo stesso astrattismo cambierà forma, pur rispettando sempre i suoi principi fondamentali. Nel 1926 Kandinsky pubblicò Punto e linea nel piano, un’opera che si poneva l’obiettivo di analizzare le proprietà del punto e della linea ed ogni loro derivazione esaltandone i molteplici effetti che essi possono produrre sull’osservatore, cercando così di creare una “scienza dell’arte” del tutto analoga alle scienze già esistenti della musica e dell’architettura. In questo modo la pittura di Kandinsky si orientò sempre più all’interno di binari precisi e definiti in cui l’astrazione si fece “geometria espressiva”.
Quattro anni prima della sua morte, infine, il pittore realizza un quadro che ben si presta a spiegare la natura cosmopolita dell’astrattismo e la sua conseguente natura sovranazionale: Blu cielo.

L’opera è dominata da un azzurro “spensierato”, nel quale fluttuano diverse forme primordiali e astratte che però non interagiscono tra di loro perché ognuna è in sé compiuta e non ha dunque bisogno di altre raffigurazioni per essere compresa. Il messaggio che Kandinsky vuole mandare con questo quadro è abbastanza evidente: se l’arte deve essere astratta allora essa deve essere libera non solo da un collegamento con la realtà oggettiva ma anche con le tradizioni pittoriche-culturali nazionali; ogni emozione e ogni stato d’animo sono di per sé compiuti e diversi da qualsiasi altro, la realtà soggettiva è staccata da quella oggettiva e per questo anche libera dalle tradizioni culturali di una qualsiasi società.